Le Cesine, alla scoperta degli antichi tesori dell’oasi

La storia del Salento è molto antica e per questo motivo si susseguono numerosi progetti atti a rinvenire i tesori del passato. Bellezze da lasciare senza parole, dall’enorme valore, in grado di gettare luce su eventi legati ai nostri antenati.

È quello che sta ancora oggi avvenendo nella riserva naturale del comune di Vernole, precisamente nell’oasi Le Cesine. In corso le indagini archeologiche subacquee e costiere, al fine di poter studiare con attenzione le strutture individuate nel 2020. Si tratta principalmente di resti di età romana, posti lungo tutto il tratto di costa. Ciò che suggeriscono è un imponente complesso portuale, il che vuol dire che lì fuori vi sono numerosissimi resti tutti da scoprire.

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I tesori di Le Cesine

L’obiettivo primario di questo imponente lavoro archeologico, costiero e subacqueo, è ricostruire lo sviluppo complessivo dell’area portuale individuata. Il progetto viene condotto dal dipartimento beni culturali dell’Università del Salento, in collaborazione con Esac. Si proseguirà anche a settembre, coinvolgendo locali e turisti con degli eventi di archeologia pubblica. Un modo per rendere partecipi le comunità del luogo in quest’operazione di riscoperta della propria storia.

L’attività prosegue e anche in questo caso, come nel corso delle indagini del 2021, alla guida c’è Rita Auriemma. A giugno di due anni fa venne presentato nell’auditorium del museo Castromediano di Lecce “Il porto ritrovato”. Fu così lanciato il progetto di riscoperta degli antichi tesori che giacciono sul fondale salentino.

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Cosa è stato trovato

Prima di poter ammirare tutto ciò in un museo, occorreranno svariati anni. Per il momento, però, è decisamente avvincente seguire le indagini condotte dagli archeologi. Ad oggi è possibile parlare di una struttura identificata come la fondazione di un possente molo. Larga 8 metri e lunga almeno 90, realizzata in grandi blocchi, un tempo sovrapposti e oggi crollati. Il tutto a 15 metri circa dalla costa.

C’è poi da riportare alla luce l’area della cosiddetta “Chiesa sommersa”. Parliamo di resti di un edificio con base intagliata in uno sperone roccioso. Per quanto si parli di chiesa, potrebbe trattarsi di una torre-faro. Tutto è però da verificare.

Si segnalano inoltre alcune vasche scavate nella roccia, che potrebbero corrispondere a impianti per la produzione del sale. Il porto di Lupiae viene citato da autori antichi, che ricordano lo sbarco di Ottaviano. Un’area quindi imponente, in grado di accogliere il futuro imperatore Augusto.

Tutto ciò non fa che accrescere la ricchezza del patrimonio costiero di Lecce e Vernole, come confermavano già i relitti censiti nella Carta Archeologica Subacquea, proprio a cura di Rita Auriemma: “Fare archeologia dei paesaggi nel comprensorio San Cataldo-Cesine, dove si recuperano anche insediamenti importanti dell’età del Bronzo/Ferro, significa fare archeologia pubblica, per restituire alle comunità locali un patrimonio di eccezionale interesse”.

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