Ripercorrendo la via Appia-Traiana, che in un tempo lontano collegava Lecce e Brindisi, sorge l’ex Monastero degli Olivetani. Al suo interno si mescolano storia e leggenda e, secolo dopo secolo, ha saputo conservare il proprio fascino.
Di tempo ne è trascorso dalla sua fondazione e oggi, precisamente dal 1994, l’affascinante struttura è sede del Dipartimento di Studi Storici. A occuparsi della gestione è dunque UniSalento. Quest’ultima offre inoltre la chance di visitare l’area ai non studenti. Regolarmente vengono infatti organizzate delle visite guidate per svelare il passato di questo luogo.
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Ex Monastero degli Olivetani: storia
Realizzato tra il 1171 e il 1174, l’ex Monastero degli Olivetani era destinato ai Padri Benedettini. Tancredi, che sarebbe poi divenuto il Re di Sicilia, optò per lo stile Romanico ma in seguito le cose sono cambiate. Nel Cinquecento giunse in città Gabriele Riccardi, architetto e scultore, che iniziò dei lavori su richiesta dei Padri Olivetani, subentrati ai Benedettini, autore dei grandi Chiostri che ancora oggi possono essere ammirati.
È qui possibile contemplare alcuni splendidi affreschi, anche se molte delle antiche bellezze sono andate perdute. Al suo fianco sorge poi la Chiesa dei Santi Nicolò e Cataldo, voluta da Tancredi per ringraziare i santi d’averlo salvato da un naufragio. Qui si mescolano due stili, normanno e arabo e vi sono affrescate scene dell’incoronazione e del Transito della Vergine Maria.
Uno spettacolo, al quale si aggiunge il bellissimo giardino che circonda l’area del monastero. Tanto da visitare in quest’area ricca di elementi aggiunti nel corso dei secoli, come il pozzo a baldacchino voluto da Riccardi, che volle emulare il ciborio della Basilica di San Pietro a Roma. Da non perdere, infine, la vista magnifica su tutta Lecce dalle terrazze risalenti al Settecento.
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Ex Monastero degli Olivetani: leggenda
In questo scenario antico non poteva di certo mancare la leggenda dell’ex Monastero degli Olivetani. Questa è legata al monaco Placido da Otranto e vede come protagonista Morte. Quest’ultima fa visita al religioso e pretende d’essere seguita. Lui, però, non reputandosi pronto, chiede di poter almeno recitare l’Ave Maria. Morte acconsente ma viene tratta in inganno, perché il monaco non completa la recita, pronunciando una sola parola e spiegando d’aver fatto un voto: una parola all’anno.
Nei giorni seguenti, però, Morte lo segue in ogni luogo e decide di trascrivere l’intera preghiera sulle colonne del Monastero, attendendo dietro l’ultima. Quando il monaco vede le parole, non può fare a meno di leggerle tutte, finendo nella trappola.