C’è qualcosa di profondamente autentico nel vivere la Settimana Santa in Salento. Ogni giorno ha le sue ritualità, i suoi sapori, i suoi profumi. E il Giovedì Santo non fa eccezione: è il giorno della memoria, del silenzio, della preparazione. Ma anche della tavola, perché la cucina popolare salentina riesce a trasformare anche un pasto di “magro” in un’esperienza ricca di gusto e significato.
Tra fede e cucina: la semplicità che conquista
Nel rispetto della tradizione cristiana, la tavola del Giovedì Santo esclude la carne, ma non per questo è meno invitante. Anzi. I piatti che si preparano in Salento in questo giorno speciale parlano di antiche usanze, di gesti tramandati, di ingredienti poveri elevati a veri protagonisti.
Il primo che non può mancare è la “massa e ciciri”, un piatto che ha dentro tutta l’anima della cucina contadina. Si tratta di una pasta fresca, fatta rigorosamente in casa, condita con ceci cotti lentamente in un soffritto di aglio, olio extravergine, rosmarino e, a volte, un tocco di pomodoro. È il piatto della memoria, quello che riunisce le famiglie attorno alla tavola con il suo profumo avvolgente.
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Le verdure amare: simbolo e sapore
Altra protagonista del Giovedì Santo salentino è la cicoria selvatica, lessata e servita con fave bianche passate, in una combinazione di contrasti che racconta più di mille parole. L’amaro delle erbe, che richiama il sacrificio, si incontra con la dolcezza e la cremosità delle fave, creando un equilibrio perfetto tra simbolismo e gusto.
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Non mancano i legumi: lenticchie, cicerchie, fagioli. Sono il cuore proteico del pasto, cucinati con semplicità e accompagnati da pane fatto in casa, spesso cotto ancora nei forni a legna. Anche questo pane non è un dettaglio: è parte del rito, del racconto familiare, del profumo che si diffonde tra le stanze e anticipa l’arrivo della Pasqua.
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Il pane condito che sa di festa
Tra i cibi che tornano in tavola nel Giovedì Santo c’è anche la “scèblasti”, un pane morbidissimo condito con cipolla, pomodorini, olive nere e erbe aromatiche. Ogni famiglia ha la sua versione, ogni forno il suo segreto, ma l’effetto è sempre lo stesso: una merenda che sa di casa e di festa, da condividere con chi ami.
E se in alcune case ci si concede una coccola in più, allora fanno la loro comparsa anche le pittule, piccole frittelle di pasta lievitata, talvolta arricchite con cavolfiore o cipolle. A fine giornata, quando si rientra dalla visita ai Sepolcri, può capitare di trovarle sulla tavola nella loro versione dolce, immerse nel miele o nel mosto cotto. Una piccola eccezione alla sobrietà del giorno, che profuma già di domenica.
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Dopo cena: si va per Sepolcri (e non a mani vuote)
La sera del Giovedì Santo è un momento sentito in tutto il Salento. Le famiglie si mettono in cammino per visitare i “sepolcri”, ovvero gli altari della reposizione allestiti con cura nelle chiese. Non è raro che qualcuno porti con sé pane benedetto, magari da condividere con chi si incontra lungo il cammino. È una tradizione che fonde fede e convivialità, in pieno spirito salentino.
Il Giovedì Santo, in Salento, non è solo un giorno che precede la Pasqua. È una tavola che unisce, una cucina che racconta, un’esperienza che merita di essere vissuta con lentezza. E magari anche assaporata, ingrediente dopo ingrediente.